Consiglio Ordine Nazionale Dottori Agronomi e Dottori Forestali

La storia dell'ordine

 

ELENCO PRESIDENTI

 

(IN FASE DI ALLESTIMENTO)

 

1949-19..

presidente Arturo Maestri

vice presidente Giuseppe Mayer

segretario Tullio Grottolo.

 

Consiglieri

Camillo Belli

Alfredo Cicogna

Raffaele Magnani

Umberto Allegri

Giovanni Migliorati

Angelo Varisco

Mario Vollono

 

 

 

 

La nascita delle professioni intellettuali può essere fatta risalire agli anni Venti del Novecento, sebbene forme di istruzione superiore (Regio istituto superiore di agricoltura) e le conseguenti attività (Cattedre ambulanti di agricoltura) fossero già presenti alla fine dell’Ottocento.

L’origine scaturisce da due fatti:

–    la constatazione che, a livello teorico, la “trilogia” terra, capitale e lavoro, che viene combinata nelle varie forme dell’impresa agraria e dei rapporti lavoro-terra e lavoro-capitale, non era più sufficiente a spiegare il ruolo dell’innovazione tecnologica, per lo meno in agricoltura;

–    la convinzione che, nel quadro dello sviluppo del Paese, un ruolo chiave dovesse essere giocato dalle professioni intellettuali.

Beninteso, il tutto avveniva nell’ambito di un regime autoritario che, con la legge 3 aprile 1926 istitutiva delle Corporazioni, intendeva ricondurre nell’alveo di un controllo politico tutta la gamma dei rapporti di interesse e di forza del mondo economico e sociale.

L’organizzazione delle corporazioni, che interveniva a irrigimentare il sindacalismo nato più o meno spontaneamente negli anni precedenti, riconosceva ai tecnici agricoli (R.d. 1 luglio 1926, n. 1130) un carattere professionale distinto da quello capitalistico tipicamente datoriale e da quello dei lavoratori della terra, tanto che il relativo sindacato fu attribuito alla Confederazione dei professionisti e artisti (Dm 17 ottobre 1929).

Un esame ulteriore porta a rilevare che permanevano due anime:

–    i liberi professionisti, indipendenti nell’esercizio delle proprie prestazioni di lavoro;

–    i professionisti impiegati in posizione subordinata rispetto a un datore di lavoro, sia come dirigenti, sia come impiegati di aziende agrarie.

Ciò tuttavia non toglieva nulla all’unitarietà dei tecnici agricoli che, pur con inquadramenti diversi, venivano considerati sotto il duplice aspetto e ruolo: quali fattori della produzione e del progresso dell’agricoltura – allora settore di punta dello sviluppo del Paese – e quali interpreti delle direttive politiche dello Stato attraverso l’applicazione della norma corporativa.

Abolite le corporazioni alla caduta dello stato fascista, nonostante l’opera di rimozione della memoria collettiva di tutto ciò che fosse retaggio del regime, in tema di professioni intellettuali non si potevano rinnegare completamente i principi che ne avevano ispirato il ruolo, non tanto per le resistenze di coloro che ne facevano parte, quanto per l’intrinseca validità riconosciuta all’attività professionale nello sviluppo del Paese.

Leggere oggi le dichiarazioni dell’allora capo del Governo, Mussolini, “…nello Stato fascista debbono vivere sempre più attive e circolare sempre più le forze dell’intelligenza di coloro che lavorano col cervello e con lo spirito…” può far sorridere ma, al di là dell’enfasi e di alcuni termini propagandistici allora in voga, anche le più recenti dissertazioni sulle professioni intellettuali riprendono il tema del ruolo strategico della conoscenza nello sviluppo dell’economia di una società, per di più globalizzata.

Così si comprende bene come, a partire dal Decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382, la ricostruzione dell’organizzazione del sistema professionale non abbia modificato taluni elementi fondativi dell’idea di professione intellettuale.

Nel caso dei dottori agronomi, la cui presenza risale alla prima metà degli anni Venti, prima della legge sindacale del 1926, la ripresa dell’attività nel Dopoguerra prende avvio con la chiamata delle Procure della Repubblica che – allora come oggi – danno il via all’attivazione delle procedure fondative e elettive delle categorie professionali riunite in ordini e collegi.

Così anche a Brescia il 16 febbraio 1949 i dottori in scienze agrarie si riuniscono in assemblea “… su invito del comitato promotore composto da: prof. dott. Varisco Angelo, dott. Belli Camillo, dott. Grottolo Tullio, dott. Merli Engardo…” presso la sede dell’Associazione liberi professionisti, in via Tosio 22. La partecipazione è, per l’epoca, significativa: 34 sono i dottori agronomi partecipanti oltre ad alcune adesioni di chi non ha potuto presenziare. La discussione è animata. Al termine si stabilisce di “…nominare un Consiglio provvisorio di nove membri con lo scopo di: a) approntare un testo definitivo di Statuto sullo schema letto all’Assemblea; b) di promuovere la formazione dell’Ordine dei Dottori in Agraria; c) di convocare l’assemblea entro due mese da oggi….”.

Il 20 aprile 1949 l’assemblea generale dei laureati in scienze agrarie e forestali della Provincia di Brescia elegge, quali componenti il consiglio, Camillo Belli, Alfredo Cicogna, Tullio Grottolo, Arturo Maestri e Raffaele Magnani. A far parte di diritto del Consiglio vengono nominati Umberto Allegri (direttore dell’Associazione coltivatori diretti), Giuseppe Mayer (dirigente di azienda agricola), Giovanni Migliorati (presidente dell’Associazione agricoltori), Angelo Varisco (Capo dell’Ispettorato agrario di Brescia) e Mario Vollono (direttore dell’U.p.s.e.a.). Nella prima riunione del Consiglio (4 maggio 1949) sono nominati presidente Arturo Maestri, vice presidente Giuseppe Mayer e segretario Tullio Grottolo.

L’attività nei mesi successivi è intensa per il Consiglio e per l’Assemblea che si riunisce nuovamente. Qui, il 4 giugno 1949, è interessante rilevare che vi fu una discussione sul nome da darsi al sodalizio. V’era chi non vedeva “…la ragione del doppione di Associazione e di Ordine…” opinando che “… l’Assemblea che deliberò fu inesattamente informata della portata pratica e giuridica….”. Segue una spiegazione, ancora oggi attuale, sulla differenza giuridica tra associazione e Ordine  che termina con una sottolineatura che oggi troviamo trasfusa nell’ordinamento professionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali. Obiettando che “…Forse a taluno dei soci dell’Assemblea deliberante per l’Associazione, è balenata l’idea che le prerogative dell’Ordine non interessino che i liberi professionisti, idea, se mai, errata; l’Ordine protegge il titolo e quanti ne sono investiti, indipendentemente dalla specifica attività….”. Due concetti quindi quanto mai moderni allora e attuali oggi:

–    le prerogative dell’Ordine non interessano solo i liberi professionisti, infatti per l’esercizio delle attività professionali di cui all’articolo 2 è obbligatoria l’iscrizione all’albo, sia che l’esercizio stesso avvenga in forma autonoma che con rapporti di impiego o collaborazione a qualsiasi titolo (art. 3, comma 2, legge 3/76);

–    l’Ordine vigila per la tutela del titolo di dottore agronomo e di dottore forestale e svolge le attività dirette alla repressione dell’esercizio abusivo della professione (art. 13, comma 1, lettera b, legge 3/76).

Come si vede i fondamenti sono gli stessi, e probabilmente non poteva che essere così.

Il 4 febbraio 1950 l’Assemblea procede alla costituzione dell’Ordine e alla nomina del primo consiglio. Arturo Maestri è nominato presidente, Giovanni Colombini segretario e Alfredo Cicogna tesoriere.

Oggi molti ritengono che il sistema ordinistico sia retaggio di un passato e perciò inattuale. Potranno avere ragione su alcune forme di gestione interna agli ordini e alle categorie rappresentate ma non certo sulle finalità, che restano immutate: la tutela della pubblica fede, il miglioramento della qualità delle prestazioni dei propri iscritti attraverso il perfezionamento tecnico e culturale, i principi deontologici che regolano i rapporti con i clienti, le istituzioni e tra colleghi. Tutto ciò potrà essere aggiornato nella forma, ma non nella sostanza che attiene a un ruolo di guida e insostituibile punto di riferimento tecnico-scientifico per lo sviluppo economico e sociale del Paese. Tanto è vero che proprio nel bresciano si sono avvicendati alcuni tra i migliori agronomi italiani da Agostino Gallo a Camillo Tarello. L’agricoltura bresciana è stata punto di riferimento per l’intero mondo rurale italiano, e non solo, e anche in tempi recenti non sono mancati personaggi di spicco.

Nel 1968 viene pubblicato l’Albo dei dottori agronomi della provincia di Brescia. Desidero, nel riportare i loro nomi, esprimere la riconoscenza di molti: Guido Abbate, Antonio Agosti, Gian Fausto Ambrosione, Paolo Emilio Antonioli, Paolo Avanzi, Alberto Bandera, Giuseppe Barbieri, Eugenio Baresani, Mario Baresi, Mario Bellavitis, Camillo Belli, Abramo Bertolinelli, Lodovico Bettoni Cazzago, Vincenzo Bettoni Cazzago, Amalia Bontardelli, Emanuele Borta, Pietro Bottanelli, Alessandro Bruni Conter, Sergio Buffoni, Luigi Cerudelli, Giuseppe Comba, Giovanni Fausto De Giuli, Giovanni Mario De Giuli, Giulio De Marco, Remo Denon, Marco Fanti, Mauro Fasani, Pietro Feresini, Pietro Ferrari, Giuseppe Finadri, Giuseppe Gramaticopolo, Cesare Grinovero, Costanzo Guarneri, Enea Guarneri, Bortolo Guerra, Pietro Lanzani, Francesco Lechi, Gianfranco Librini, Giuseppe Lombardi, Michele Magrograssi, Pierino Mancini, Agostino Mantovani, Giuseppe Mayer, Ottorino Marcolini, Giovanni Migliorati, Ottorino Milesi, Renzo Molinari Tosatti, Pietro Mombelloni, Simone Mombelloni, Giacomo Nodari, Cesare Onofri, Geremia Orini, Giuseppe Orio, Eugenio Paderno, Francesco Panzerini, Stefano Panzolato, Lorenzo Pasini, Camillo Pelizzari di S. Gerolamo, Silvio Peroni, Giorgio Pino, Enrico Porro Savoldi, Paolo Prandolini, Mario Rava, Luigi Robazzi, Bruno Rugen, Mario Sannino, Igino P. Santoni, Giuseppe Santus, Francesco Savoldi, Armando Sberna, Giovanni Scandolara, Armando Scardigli, Primo Severini, Stefano Simonelli, Luigi Sorlini, Giuseppe Cesare Spagnoli, Giulio Stefanini, Emanuele Suss, Antonio Tagliaferro, Ottobono Terzi, Francesco Tomasini, Carlo Tonni, Cornelio Tosoni, Policarpo Luigi Uberti, Carmelio Vacatello, Michele Vescia, Daniele Vezzosi, Giovanni Francesco Wittmer.

Sono certa che molti di questi nominativi evocheranno il ricordo affettuoso di giornate al sole afoso dei campi (magari sotto la frescura di  qualche albero) o tra le nebbie della bassa, fra le viti e gli olivi del Garda e della Franciacorta, tra le mandrie piccole e grandi dalla pianura alla montagna, nei caseifici e nelle cantine,… a discutere delle “ultime novità”, ad ascoltare una preziosa consulenza. A qualcuno ricorderà la savana africana, o le strade polverose dell’America latina. Così come oggi…E allora l’auspicio per i Colleghi, giovani e meno giovani, di continuare ad essere un importante elemento di progresso sociale, economico e culturale a Brescia e nel mondo.

 

di Marcellina Bertolinelli, già Presidente dell’Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali di Brescia

Brescia, agosto 2008